MOMENTI DIFFICILE DELLA CAPPELLA DEGLI SCROVEGNI
La Cappella degli Scrovegni – pochi lo sanno – ma ha vissuto momenti davvero difficili, rischiando addirittura di essere demolita! Morto il committente e legittimo proprietario Enrico degli Scrovegni, la cappella e l’area attorno (detta dell’Arena) passano agli eredi e quindi nel 1443 al nobile Francesco Capodilista, nel 1451 al Patriarca di Aquileia che ne fece dono al nipote Alvise Trevisan, che poco dopo la vendette ai conti veneziani Alvise e Giovanni Foscari. Ai primi dell’Ottocento la contessa Marta Foscari, ultima discendente della famiglia, sposò Pietro Gradenigo portandogli in dote anche l’intero complesso della cappella e del palazzo attiguo. Da qui iniziò un periodo di incuria tanto che nel 1817 crollò “per non medicata vecchiezza” il protiro cinquecentesco della Cappella degli Scrovegni. A nulla valsero i ripetuti solleciti delle autorità locali ai conti Gradenigo perché provvedessero in qualche modo ai restauri degli immobili. Il 14 gennaio 1819 il Podestà di Padova inviò una furente missiva in cui invitava i conti o a sistemare gli immobili recuperandoli oppure a cederli alla città. Per risposta il Gradenigo fece abbattere il palazzo attiguo alla cappella, cercando di fare fruttare i materiali ricavati dalla demolizione.
cappella scrovegni esterno
E qui ci aiuta Giuliano Pisani nel suo “I volti segreti di Giotto” a raccontare questo esempio di amore di una città per i suoi monumenti: “La Cappella restò in piedi grazie soprattutto alle indignate proteste di alcuni padovani illuminati. Mettono ancor oggi i brividi le parole scritte nel 1836 dal marchese padovano Pietro Selvatico Estense (1803-1880) a proposito dei pericoli corsi dal capolavoro giottesco: “Volgono appena dieci anni da che fummo assordati da ignominioso martello che atterrava le fabbriche ad esso vicine, e vedemmo con raccapriccio scalpelli e leve scassinare e sgretolare l’esterno delle muraglie stesse, su cui stanno coloriti gli stupendi freschi. Accorsero ora supplici ora minacciosi i Magistrati a porre barriera a tanto danno, levarono un grido d’orrore i solleciti dell’onore nazionale, ed avventuratamente si ristette da quella turpe ruina”.
cappella scrovegni interno
La lunga lotta civile dei padovani fu coronata dal successo. Nel luglio del 1858, sei mesi dopo la scomparsa della contessa Foscari, giunse al podestà di Padova Francesco De Lazara una lettera del conte Federico Gradenigo, che a nome degli eredi dichiarava la disponibilità a vendere al Comune le proprietà dell’Arena “coll’annessa Chiesetta dell’Annunziata”. Tuttavia, non fu trovato l’accordo economico per la penuria delle casse comunali e l’indifferenza delle superiori autorità austriache. Girò quindi voce che l’Arundel Society di Londra fosse interessata all’acquisto, per procedere allo stacco degli affreschi e trasferirli in Inghilterra al Victoria and Albert Museum. Ancora una volta interviene il podestà De Lazara, con una lettera ufficiale del 13 marzo 1863 indirizzata alla Delegazione provinciale, in cui si chiedeva che fossero vietati lo stacco e la vendita all’estero degli affreschi di Giotto . La lettera prosegue ricordando che una simile eventualità sarebbe “di massima sventura” per la città, poiché la priverebbe di “un tesoro artistico impareggiabile e unico, e precipuo suo ornamento”.
compianto sul cristo morto
La svolta auspica si ebbe tre anni dopo, quando, con il plebiscito dell’ottobre 1866, Padova e il Veneto si liberarono dal giogo austriaco ed entrarono a far parte del regno d’Italia. Il 16 novembre 1867, il Consiglio Comunale di Padova, in una delle sue prime adunanze, approvò lo stanziamento di una somma enorme, centomila lire, per trattare l’acquisto dell’area dell’Arena (la Cappella fu valutata ottantamila lire!). Era l’avvio di un tormentato percorso, di una lunga battaglia giudiziaria che sarebbe durata tredici anni e sarebbe stata caratterizzata da contrastanti sentenze. Si mobilitarono parlamentari e ministri del regno, intellettuali e studiosi. La parola fine fu pronunciata il 10 maggio 1880, quando l’assessore alla Cultura di Padova, Antonio Tolomei, un umanista di specchiato valore, convinse il Consiglio Comunale ad acquistare il “terreno con fabbriche denominato l’Arena” dai conti Gradenigo Baglioni, per 54.921 lire e l’onere perpetuo di 253,95 lire verso la Fabbriceria della chiesa parrocchiale dei S.S. Filippo e Giacomo degli Eremitani. L’esito della votazione, dopo l’appassionato intervento di Tolomei, una magnifica lezione di storia dell’arte, fu trionfale: la proposta fu approvata all’unanimità con quarantacinque voti favorevoli. La Cappella degli Scrovegni era sfuggita all’inciviltà e alla speculazione di pochi grazie all’impegno e alla passione di uomini degni e di un’intera città.
Emanuela Fortuna 3 settembre 2014
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